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martedì 19 agosto 2008

Maurice Merleau-Ponty arrivato sulle ali del Cavallo di Vento

Un po' sbalestrata dal Cavallo di Vento, compro il giornale. Ho voglia di rimettere mani e piedi nella realtà e un quotidiano mi sembra la lettura migliore. A pagina 49 trovo un articolo che parla di un uomo che ha passato tutta la sua vita a studiare, scrivere e meditare, un uomo di cui non avevo mai sentito il nome: Maurice Merleau Ponty. Le parole che lo descrivo hanno qualcosa di famigliare. Leggo di lui su Internet, guardo le sue foto, decido di comprare un suo libro "L'occhio e lo spirito". Parla di pittura e a me la pittura interessa. In libreria, vicino all' "L'occhio e lo spirito" c'è "Fenomenologia della percezione" un volume di 581 pagine: 581 pagine che parlano di filosofia, non è certo una lettura estiva... leggo qualche riga, non posso dire che la frasi scivolino via, però capisco le cose di cui si parla, non nel dettaglio, ma le capisco. Lo compro ed esco dalla libreria come se avessi scoperto un tesoro.

Questo tesoro lo voglio condividere con voi, perché Maurice Merleau Ponty parla con le parole della cultura europea dell' esperienze umana in termini molto prossimi alle tradizioni che guidano la nostra ricerca.


Proprio perché noi siamo da parte a parte rapporto al mondo, per noi la sola maniera di rendercene conto è di sospendere questo movimento, di negargli la nostra complicità (...). Non perché si rinunci alle certezze del mondo comune e dell'atteggiamento naturale - viceversa esse sono il tema costante della filosofia - ma perché appunto come presupposti di ogni pensiero esse "sono ovvie", passano inosservate, e per risvegliarle e farle apparire, dobbiamo astenercene per un istante. La miglior formula per la riduzione [fenomenologica] è quella che forniva Eugen Fink, assistente di Husserl, quando parlava di uno "stupore" di fronte al mondo. La riflessione non si ritira dal mondo verso l'unità della coscienza come fondamento del mondo, ma prende distanza per veder scaturire le trascendenze, distende i fili intenzionali che ci collegano al mondo per farli apparire, essa sola è coscienza del mondo perché lo rivela strano e paradossale.


Fenomenologia della Percezione di Maurice Merleau Ponty edizioni Bompiani pag. 22

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